giovedì 28 febbraio 2013

"E' solo un sogno" mi sono detta, all'arrivo del caffè.


Mi trovo nella piazza principale del mio paese, da sola.
Ci sono studenti diciannovenni, probabilmente appartenenti ad un giovane sindacato di mia conoscenza, che mi ripetono di continuo che questo è il momento giusto per cambiare le cose.
Un tizio con i capelli lunghi cerca di parlarmi e si complimenta con me perché mi ritiene intelligente (io gli rispondo che ho frequentato il liceo pedagogico, quindi non sono così intelligente come crede!) Improvvisamente dei ragazzi di cui conosco realmente l'esistenza, spengono le luci della piazza e ne accendono altre, tutte psichedeliche.
Suona una musica terribile. «Si consiglia ai bambini di stare lontani».
Mi avvicino e scopro che questi ragazzi vendono droghe di ogni genere. Impaurita me ne vado da quel posto, corro più veloce della luce e piango.
Dei ragazzi mi seguono, corrono dietro di me «è tutto normale! Perché piangi? Queste sono le cose che fanno gli uomini». Mi rifugio in un bar, un uomo si avvicina, ha l'aria di un dottore (e infatti lo è). «Lo sapevo!» esclama pensando che qualcuno mi abbia fatto del male. Ma io in realtà ho solo visto dei ragazzi vendere droga, e alcuni di quelli mi hanno seguita, fin dentro quel bar, che in realtà non è altro che un covo di psichiatri. «Ti riportiamo a casa, non piangere!» mi dicono i ragazzi. Ma io ho paura.

È già mattino. In un momento ancora successivo, senza alcuna cognizione temporale, mi ritrovo nuovamente nella piazza. C'è la polizia, la giustizia ha trionfato! (o forse no!) Un uomo è in manette.
Petardi ovunque, pezzi di droghe qua e là, un paesaggio che sembra segnare l'epilogo. Un poliziotto si avvicina, ha un aspetto molto gradevole, è giovane e sembra conoscermi.

«Puoi portare questi soldi a Maria? (cita il nome di qualcuno che non conosco) Sono quelli che hanno ricavato i malviventi, siamo soliti dividerli noi poliziotti. Dille di bruciarli o farne ciò che vuole!»
«Ma questa persona è a Londra!» rispondo «e io è da tempo che non ci vado» proseguo decisa.
«Non importa, lo farò io» mi dice sorridendo il bel poliziotto.  




"E' solo un sogno" mi sono detta,
all'arrivo del caffè questa mattina.



giovedì 21 febbraio 2013

"La tecnologia migliora la vita, ma..."

Viviamo in una società in cui pur di avere un telefono di ultima generazione, lottiamo anche contro le nostre stesse possibilità. La cosa che mi fa sorridere è che al contempo ci spacchiamo il culo lavorando ogni giorno, per pochi euro al mese.   Che senso ha questa corsa al consumo? Essere al passo con i tempi va bene, ma cercare ad ogni costo di avere quello che non ci possiamo permettere è una follia. Conta più il consumo che l'amore. Ecco perché i rapporti oggi sono così fallimentari.   Perchè utilizziamo la tecnologia come unico canale di comunicazione? Non apprezziamo il profumo di un libro, il valore di una lettera scritta su carta, la bellezza di un film visto sul grande schermo o di uno spettacolo teatrale. Dov'è finito il contatto umano? E perchè ha più valore una relazione ufficiale su facebook, che un abbraccio dato con amore?   La tecnologia migliora la vita, ma non si sostituisce alle cose belle che ne fanno parte.  

domenica 17 febbraio 2013

La presunta meritocrazia

Qualche anno fa avevo la stessa banale convinzione di tutti gli studenti liceali, secondo cui studiare all'università sarebbe stato più semplice che farlo a scuola. Al liceo, e nei precedenti anni, ho avuto sempre successo e spesso, per questa ragione, me la sono presa con comoda (tanto c'era sempre qualche docente che pensava bene di me).

Forse oggi sono solo una studentessa discreta; tutte le convinzioni che avevo su me stessa e le mie capacità sono crollate. O forse, semplicemente, è davvero così difficile far capire a chi ti sta davanti, in quei quindici ma eterni minuti, cosa ci sia dietro il tuo studio, quanto amore o odio tu abbia vissuto, quali siano state le difficoltà che hai riscontrato, quali siano stati gli altri impegni che hai dovuto affrontare, quali i problemi.

Quali sono i criteri della meritocrazia? Perché se la passione con cui si studia qualcosa non rientra almeno in uno di questi criteri, credo di trovarmi nel sistema sbagliato.
Io non sono un numero, sono una persona.

martedì 12 febbraio 2013

Lo specchio è mio nemico

Lo specchio è mio nemico, e ogni volta che mi ci fiondo dentro con gli occhi colmi di lacrime, mi ricorda che trascorrere un minuto in più a osservare il mio corpo non cambierà le cose.
(Il fatto che qualcuno guardandoti ti ricordi quanto sei "bella", non significa che smetterai di percepire un mostro allo specchio)

Si, lui è mio nemico. Non altro che un giudice spietato.


venerdì 8 febbraio 2013

- Invito alla lettura

«Quando essere innamorate significa soffrire, stiamo amando troppo. Quando nella maggior parte delle nostre conversazioni con le amiche intime parliamo di lui, dei suoi problemi, di quello che pensa, dei suoi sentimenti, stiamo amando troppo.
Quando giustifichiamo i suoi malumori, il suo cattivo carattere, la sua indifferenza, o li consideriamo conseguenze di un'infanzia infelice e cerchiamo di diventare la sua terapista, stiamo amando troppo.
Quando non ci piacciono il suo carattere, il suo modo di pensare e il suo comportamento, ma ci adattiamo pensando che se noi saremo abbastanza attraenti e affettuosi lui vorrà cambiar per amor nostro, stiamo amando troppo.
Quando la relazione con lui mette a repentaglio il nostro benessere emotivo, e forse anche la nostra salute e la nostra sicurezza, stiamo decisamente amando troppo.
Amare troppo è calpestare, annullare se stesse per dedicarsi completamente a cambiare un uomo "sbagliato" per noi che ci ossessiona, naturalmente senza riuscirci.
Amare in modo sano è imparare ad accettare e amare prima di tutto se stesse, per poter poi costruire un rapporto gratificante e sereno con un uomo "giusto" per noi»
Robin Norwood (della quale consiglio vivamente il libro "Donne che amano troppo")

giovedì 7 febbraio 2013

Lacrime fiere

Pensavo che questo momento fosse ancora lontano. Il momento in cui sarei impazzita, intendo.
Non percepisco più il colore delle cose che mi circondano. Non percepisco più queste lacrime fiere che segnano il volto di nero.
Come ti sentiresti ad avere la testa vuota? Non ti sentiresti, appunto. Neanche io mi sento. Non sento più le mie urla disperate. Non sento più quello che scrivo.
Le parole camminano solitarie dove giace la mia coscienza ormai da tempo.

 


Il linguaggio

«Il linguaggio è il principale strumento adoperato dall'uomo ai fini della comunicazione. Mediante il suo utilizzo stabiliamo delle relazioni e scambi sociali»

Ma io non odo che il linguaggio del silenzio. Non una frase, né segnali di fumo.
Solo silenzi, lunghi e interminabili, come nemmeno la vita riesce a sembrarmi.

Un nuovo inizio

Se dovessi accennare i motivi che mi hanno indotta ad iscrivermi a questa piattaforma sociale, non vi direi che “scrivere è la mia passione”.
Vi direi, piuttosto, che l’ho fatto perché volevo condividere con qualcuno quello che scrivo, giusto o sbagliato che sia, banale o profondo che lo consideriate.
Vi direi che mi sembra di morire più lentamente, quando lo faccio.
Vedo un orizzonte dilatarsi davanti a me, mentre per qualcuno sembra si restringa


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«Il vero Io è quello che tu sei, non quello che hanno fatto di te» P. Coelho