Mi trovo nella piazza principale del mio paese, da sola.
Ci sono studenti diciannovenni, probabilmente appartenenti ad un giovane sindacato di mia conoscenza, che mi ripetono di continuo che questo è il momento giusto per cambiare le cose.
Un tizio con i capelli lunghi cerca di parlarmi e si complimenta con me perché mi ritiene intelligente (io gli rispondo che ho frequentato il liceo pedagogico, quindi non sono così intelligente come crede!) Improvvisamente dei ragazzi di cui conosco realmente l'esistenza, spengono le luci della piazza e ne accendono altre, tutte psichedeliche.
Suona una musica terribile. «Si consiglia ai bambini di stare lontani».
Mi avvicino e scopro che questi ragazzi vendono droghe di ogni genere. Impaurita me ne vado da quel posto, corro più veloce della luce e piango.
Dei ragazzi mi seguono, corrono dietro di me «è tutto normale! Perché piangi? Queste sono le cose che fanno gli uomini». Mi rifugio in un bar, un uomo si avvicina, ha l'aria di un dottore (e infatti lo è). «Lo sapevo!» esclama pensando che qualcuno mi abbia fatto del male. Ma io in realtà ho solo visto dei ragazzi vendere droga, e alcuni di quelli mi hanno seguita, fin dentro quel bar, che in realtà non è altro che un covo di psichiatri. «Ti riportiamo a casa, non piangere!» mi dicono i ragazzi. Ma io ho paura.
È già mattino. In un momento ancora successivo, senza alcuna cognizione temporale, mi ritrovo nuovamente nella piazza. C'è la polizia, la giustizia ha trionfato! (o forse no!) Un uomo è in manette.
Petardi ovunque, pezzi di droghe qua e là, un paesaggio che sembra segnare l'epilogo. Un poliziotto si avvicina, ha un aspetto molto gradevole, è giovane e sembra conoscermi.
«Puoi portare questi soldi a Maria? (cita il nome di qualcuno che non conosco) Sono quelli che hanno ricavato i malviventi, siamo soliti dividerli noi poliziotti. Dille di bruciarli o farne ciò che vuole!»
«Ma questa persona è a Londra!» rispondo «e io è da tempo che non ci vado» proseguo decisa.
«Non importa, lo farò io» mi dice sorridendo il bel poliziotto.
"E' solo un sogno" mi sono detta,
all'arrivo del caffè questa mattina.